Il ristorante “3 Risotti” di Ganna, che per un secolo, pur cambiando proprietari e nomi, ha abitato una bassa costruzione affacciata sulla strada statale 233 per Ponte Tresa. Luogo che ha avuto come ospiti al tavolo scrittori come Piero Chiara e Orio Vergani, giornalisti sportivi, uomini di mondo, semplici cultori del pesce in carpione o del risotto. Si è recentemente trasferito in una dimora i cui muri sono ancora più antichi, e che fino al 2005 fa hanno ospitato una casa di esercizi spirituali delle suore del Cottolengo. La villa, che ha una indubbia pregevolezza architettonica, per altro era già stata all’origine un grande albergo di lusso, il “Valganna”, e aveva ospitato un turismo d’elite proveniente da tutta Europa. Quel turismo che tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento aveva portato nel Varesotto, d’estate e in inverno, principi russi, famiglie nobili d’Inghilterra e Germania, e personalità appartenenti al jet-set. L’albergo Valganna chiuse i battenti dopo la seconda guerra mondiale, ma oggi grazie al ristorante che continua ad essere un ritrovo di riferimento per una clientela interessata alla buona cucina, offre anche un discreto alloggio per brevi soggiorni anche ai viandanti della Via Francisca, grazie alla sua posizione a pochi decine di metri dalla Badia di Ganna.

Unico neo (se si puo’ definire tale) e’ che le stanze fronte strada tendono ad essere rumorose per gran parte della notte, e spesso il contare i TIR o le moto di grossa cilindrata che passano sotto le finestre non concilia il sonno come forse contare pecore o altri immaginari abitanti di una vita bucolica.
Dopo colazione, ci incamminiamo di nuovo verso la Badia di Ganna che superiamo per immetterci in un piacevolissimo viottolo attrezzato che circonda la palude di Pralugano all’interno del Parco Regionale del Campo dei Fiori. Numerose passerelle di legno e ponticelli agevolano il passaggio al di sopra della palude che pero’ si mostra oggi praticamente in secca. L’aria frizzante del mattino di una giornata che si manifesta piu’ fresca di quelle passate, rende questo tratto molto piacevole ed inebriante, al punto da farci mancare un bivio importante per poi costringerci ad un lungo anello per ritornare sul sentiero principale e con un aggiunta netta di un paio di chilometri sul totale.
Molti sentieri intorno al Campo dei Fiori sono lastricati con pietre levigate dal tempo e dai viandanti che si sono avventurati nei secoli lungo queste vie. Sono pavimentazioni antiche e stanno a testimoniare tempi in cui la necessita’ di garantire una comunicazione tra località montane in qualunque condizione meteorologica era una priorità inalienabile. Insieme allo stupore per la precisione di esecuzione, il pensiero va alla memoria di questi artigiani, o meglio a questo esercito di artigiani, che hanno umilmente e faticosamente lavorato a mano per assicurare alle generazioni future la possibilità di muoversi, trasportare merci, recarsi alle funzioni religiose o persino di mettersi in salvo dal pericolo e gli incendi in questa zona sono un pericolo costante fino ai tempi d’oggi. L’insieme dei graniti e dei porfidi, con la loro gamma di grigi e rossi, si fondono in una specie di mosaico artistico, quasi a simboleggiare la coesione che può derivare dall’uso sapiente della diversità.

A Brinzio ci concediamo un caffè presso il bar del circolino, sede dell’ormai defunto Club della Tazza, con cui i soci dal 1874 seguendo un vero e proprio decalogo del bevitore, staccavano la tazza associata al proprio numero dalla bacheca e iniziavano a discutere sui problemi della comunità e su come affrontarli. Ora purtroppo questa usanza e’ in disuso ma rimangono le bacheche e la cassetta per raccogliere i pegni di quelli che non staccavano la tazza perché assenti.
Dato che ci siamo, dal forno del paese ci facciamo preparare anche un panino e della focaccia alle olive, per portarci dietro qualche scorta alimentare visto che da Brinzio, traversata la strada provinciale, ci aspetterà la ripida ed inesorabile salita di circa 500 m di quota fino al Valico Pizzelle, sulle pendici settentrionali del monte Campo dei Fiori.
Un po’ansimanti ma tutto sommato in buone condizioni, arriviamo infine a Santa Maria del Monte, cioe’ al villaggio in cima al Sacro Monte di Varese, dove terminiamo il nostro viaggio settembrino. Da qui riprenderemo il percorso fino a Pavia nella seconda meta’ di ottobre una volta che gli impegni di entrambi ci consentiranno di dedicare un’altra settimana alla esplorazione lenta di questa realtà lombarda, sotto casa praticamente, che finora non hai mai smesso di meravigliarci piacevolmente.
Andiamo a farci apporre l’ultima credenziale per questo anticipo di pellegrinaggio presso l’albergo dove pensiamo di alloggiare prima della prossima partenza, quasi come per collegare il punto di arrivo di questa parte con la partenza della prossima. Una rapida visita al Santuario e’ d’obbligo per ringraziare di averci conservato in buona salute e per pregare per chi in questo momento soffre.
Di li a poco, la moglie di Luciano viene a prenderci per riportarci a casa, dove ci attende all’indomani il dovere civico della votazione per un referendum ed altri incarichi istituzionali per Luciano.
Queste tre tappe di assaggio di Via Francisca, ci hanno fatto percorrere finora 43 km (sui 135 km totali fino a Pavia) di cui 43% su sterrato e con una salita cumulativa totale di 2300 m e 1700 m di discesa. Dal Sacro Monte a Pavia sara’ quasi esclusivamente una discesa continua lungo la valle dell’Olona ed i Navigli. Alla prossima!