“Anni fa, uno studente chiese all’antropologa Margaret Mead quale riteneva che fosse il primo segno di civiltà in una cultura. Lo studente si aspettava che Mead parlasse di ami, pentole di terracotta o macine di pietra.
Ma non fu così.
Mead disse che il primo segno di civiltà in una cultura antica era un femore rotto e poi guarito. Spiegò che nel regno animale, se ti rompi una gamba, muori. Non puoi scappare dal pericolo, andare al fiume a bere qualcosa o cercare cibo. Sei carne per bestie predatrici che si aggirano intorno a te. Nessun animale sopravvive a una gamba rotta abbastanza a lungo perché l’osso guarisca.
Un femore rotto che è guarito è la prova che qualcuno si è preso il tempo di stare con colui che è caduto, ne ha bendato la ferita, lo ha portato in un luogo sicuro e lo ha aiutato a riprendersi.
Mead disse che aiutare qualcun altro nelle difficoltà è il punto preciso in cui la civiltà inizia.
Noi siamo al nostro meglio quando serviamo gli altri. Essere civili è questo”.
Ho voluto inserire questo testo come spunto di riflessione sull’importanza della accoglienza e dell’ospitalità, come gli esponenti di cultura e civiltà che sono stati finora i capisaldi di questo Cammino. Mi auguro anche di essere stato di aiuto ad Oscar nei suoi momenti di difficoltà, così come lui lo ė stato per me.
Ci siamo messi in cammino non appena finito la colazione servita dal bravo Angelo e dopo che i monaci hanno aperto l’erboristeria del monastero per consentirci di apporre il timbro sulla nostra credenziale.
Il percorso è definito facile e, leggeri senza gli zaini, percorriamo i primi 10km abbastanza velocemente lungo una buona sterrata che in molti punti si apre sull’Aniene offrendoci notevoli e suggestivi scorci delle acque del torrente.
Un incontro quanto mai piacevole ci coglie di sorpresa. A Mola Secca ci viene incontro una volpina tenera tenera, subito battezzata Foxie, evidentemente abituata ai pellegrini di passaggio, che aspetta paziente con la solita aria di creatura affamata che il viandante di turno divida il pranzo con lei.
Alla fine, o meglio all’inizio della passeggiata lungo l’Aniene, si possono visitare le cascate, in un sito paesaggisticamente molto suggestivo, ma lasciato al degrado e all’abbandono. Per arrivarci bisogna scavalcare delle transenne che ostacolano l’accesso al ponticello ormai ridotto ad una passerella di pochi centimetri, ma senza alcun segnale di divieto d’accesso, anzi sulla strada c’è una dovizia di segnaletica che promuove il sito (che comunque in realtà é bellissimo!)
Subito dopo la cascata quando in teoria mancherebbero solo 6 km a Trevi, iniziano i dolori. A parte un paio di km da fare sulla carrozzabile, il resto del sentiero appare incolto e sommerso dai rovi, attraversando campi e con notevoli dislivelli da superare. Il caldo è asfissiante e finalmente arriviamo a Trevi, tipico paesotto sparso sul cocuzzolo dove per andare da A a B Devi sempre e comunque fare almeno 100 m di salita. Sono stanchissimo e appena arrivato all’alloggio per la notte mi appisolo, mentre Oscar riesce a trovare le forze per visitare il centro storico in compagnia di Luisa, la nostra giovane hospitalera che è anche professoressa di latino e greco al liceo classico di Anagni.
Luisa è un Amica del Cammino, parte di quel gruppo di persone entusiaste e pronte a mettersi in gioco per ribaltare le sorti dei tanti borghi che abbiamo visitato lungo il Cammino, affinchè le comunità che ancora popolano questi borghi possano capire che il pellegrino o il viandante possono rappresentare una vocazione turistica di tutto rispetto al di fuori delle folle domenicali o di altre forme di turismo di massa che difficilmente sono attratte dalle poche infrastrutture di questi borghi. Luisa ci contagia con il suo entusiasmo: ci raggiunge per un caffê al ristorante il Girasole e ci parla delle difficoltà da sormontare ma senza lamentarsi. Le auguriamo buona vita, e ci promettiamo di tenerci in contatto per magari riuscire a sostenere qualche altra iniziativa intorno al Cammino.
