In un posto così intenso di spiritualità dove anche i sassi sono intrisi di misticismo e ti inducono alla contemplazione e alla pace nel cuore non posso non ricercare la mia, e di buon mattino risaliamo la strada fino al Monastero Benedettino del Sacro Speco, chiedendo perdono per le mie reazioni di intolleranza provate ieri. La costruzione addossata alla parete di roccia ci appare imponente una volta varcato il cancello. Questo monastero con annessa chiesa a molti livelli incorpora la grotta dove Benedetto ha vissuto per tre anni accudito solo da qualche compagno e predicando ai contadini che giungevano dai villaggi vicini.
Siamo i primi a metterci in fila per fare una visita guidata, ma scopriamo che l’unica visita di oggi era già in corso ed organizzata per i pellegrini illustri già incontrati ad Orvinio. La nostra condizione di pellegrini ordinari non giustifica il tempo del frate al quale chiediamo informazioni e ci liquida rimandandoci alle descrizioni dettagliate apposte nei vari ambienti della complessa struttura. Lo spettacolo delle decorazioni lascia senza fiato e ricorda molto gli affreschi di Giotto nella Cattedrale si S. Francesco ad Assisi.
Se cerchi la luce, Benedetto, perchè cerchi la grotta buia? La grotta non offre la luce che cerchi! Continua a cercare nelle tenebre la luce fulgente, perchè solo in una notte fonda brillano le stelle.
Dopo una breve visita all’Oratorio di S. Romano e S. Biagio un centinaio di metri sopra il Sacro Speco, facciamo ritorno al Monastero di Santa Scolastica, sorella gemella di Benedetto e fondatrice dell’Ordine delle Benedettine. Anche qui non è possibile visitare le aree comuni alle comunità monastiche, inclusa anche la chiesa propriamente detta, e la visita si limita solo a due chiostri molto suggestivi per il contrasto tra i fiori e i muri antichi.
Un curioso dettaglio di un affresco ritrae Benedetto che batte con un bastone un giovane monaco svogliato magari alla preghiera o al lavoro , i dettami fondamentali della regola benedettina: “Ora et Labora”. Mentre lo batte però, gli tiene amorevolmente la testa come fa il buon padre che mentre sgrida il proprio figliolo, non smette mai di amarlo.
Decidiamo di recarci a visitare Subiaco centro nel pomeriggio più che altro per andare in farmacia a fare rifornimento dei nostri farmaci preferiti e anche per cercare un paio di pantaloni di ricambio per me. Trovo un paio di bermuda mimetici che mi sembrano adatti alla necessità: in realtà sono gli unici che ho trovato, e quindi vanno bene per forza.

In attesa di andare a cena con le nostre amiche di cammino Stefania ed Angela, che nel frattempo sono giunte a Subiaco anch’esse, ci facciamo un aperitivo e scattiamo qualche foto lungo l’Aniene che in città è circondato da un parco pubblico molto carino con delle rapide attrezzate come palestra per i canoisti.
Andiamo finalmente a cena da Johnny chef del Ristorante La Panarda cum macelleria annessa, dove ci prepara una picanha deliziosa. Cos’è una picanha? È un taglio brasiliano di manzo detto anche “codone di manzo” o “punta di sottofesa” di forma triangolare e gustosissimo. Credo che si chiami anche “cappello del prete”.

Ci viene a prendere Roberta, giovane tassista improvvisata, per non farci fare il ritorno alla foresteria a piedi con il buio, i cinghiali e i lupi. Domani di buon ora ci incammineremo alla volta di Trevi nel Lazio ma seguendo il caldo consiglio di Oscar ci faremo spedire gli zaini a destinazione. Buona notte.
