Storie d’amore a Palazzo Reale

Che c’entrano le storie d’amore con il Cammino di San Benedetto? E il Palazzo Reale poi? Certo che c’entrano. Un po’ come il detto “Tutte le strade portano a Roma” che è per molti un’evidente verità. Scava scava, scopri che un sacco di vie traverse portano al Cammino di San Benedetto.

Pensa per un attimo di trovarti al Palazzo Reale, quello di Milano naturalmente. Sei andato a vedere la mostra su Georges de la Tour. Costui è un pittore francese della prima metà del ‘600, praticamente dimenticato. Sebbene abbia conosciuto in vita qualche momento di celebrità,  Georges passa nel dimenticatoio degli imitatori del Caravaggio. Ma con il passare dell’età de la Tour va sorprendentemente oltre, esplora nuovi mondi che lo portano d’un balzo in un futuro imperscrutabile da cui verrà riscoperto 300 anni dopo.

Con queste belle sensazioni io e Carla usciamo dalla mostra per entrare nel museum shop dove non c’è nessuno (il COVID-19 ha fatto il vuoto attorno a sé) e cominciamo a curiosare tra i libri. Scelgo per me “Storie d’amore”, 15 racconti in 100 pagine. Vado alla cassa dove trovo una ragazza piacente, con una faccia seria ed occhi intelligenti. Come le presento il libro lei mi segnala che ci sono molti titoli in promozione con forti sconti. Vede, devo mettere questo libro in uno zaino con cui farò a piedi molti chilometri. Questo libricino va bene anche perché è piccolo e leggero, le spiego. Davvero? E dov’è che va? Il Cammino di San Benedetto, da Norcia a Montecassino. Poi mi unisco a Carla che sta continuando a curiosare qua e là.

Dopo un po’ lei sceglie un altro libro e torniamo alla cassa. La ragazza è raggiante. Ho guardato su Internet, dichiara, e ho trovato il Cammino! Ma è bellissimo! Davvero complimenti. Poi si rannuvola per un attimo. Un giorno o l’altro devo fare anch’io qualcosa del genere. Io la incoraggio a farlo, e ci lasciamo con grandi auguri di buon cammino.

Il primo racconto d’amore riguarda Catullo. Egli è un giovane poeta paracadutato a Roma dalla natia Verona. Siamo ai tempi di Giulio Cesare. Catullo è probabilmente di bell’aspetto ma mingherlino e cagionevole di salute. Già noto come poeta, si innamora perdutamente di Claudia, donna sposata bellissima e corrottissima, che diventa Lesbia nei versi del suo amante. All’inizio Lesbia è gentile e sembra corrispondere un Catullo smanioso di dare sfogo alla sua passione e forse presago di come andrà a finire.

“O Lesbia mia, i soli continueranno a sorgere e tramontare, ma a noi tramontata una volta per sempre la nostra breve luce toccherà dormire un’eterna notte. Oh, dammi mille baci, e poi altri cento, e poi mille ancora, e poi cento altri ancora. E adesso tutte queste migliaia di baci mischiamole insieme in fretta, senza contarle, per paura che l’invidia, al conoscere un tal numero di baci, non ci getti la mala sorte”

I timori superstiziosi di Catullo hanno presto ragione. Lesbia esibisce sfacciata i suoi cento amanti e poco o nulla si cura del giovane poeta che progressivamente sprofonda in un’abbietta prostrazione. Egli vorrebbe distaccarsi da Lesbia e dalle umiliazioni ch’essa gli infligge, e invece ne diventa schiavo. “Ti odio e ti amo” egli si lamenta. Fino al suo canto più patetico, quando tutto è ormai finito.

“O Lesbia, tu dicevi un tempo di non aver conosciuto altro uomo fuor di Catullo, e che non mi avresti preferito neppure lo stesso Giove. Allora io mi affezionai a te non al modo con cui il volgo suole affezionarsi all’amica, ma come un padre s’affeziona ai figli e al suo proprio sangue. Adesso t’ho conosciuta e, in conseguenza, brucio più di prima per te. Ma pure tu sei per me una cosa molto più leggera e vile. Come può essere, tu chiedi. Perché, ti rispondo, un’offesa come quella che tu m’hai fatto costringe l’amante ad amare di più, ma a voler bene di meno.”

Giorno 4, 17 giugno 2020, Tappa 3, da Monteleone (Colle del Capitano) a Leonessa, 17.8km, 5h 05 min

Ho introdotto Oscar al magico mondo di WordPress come piattaforma comune per scrivere i nostri aneddoti, commenti o cronistorie del viaggio. Ho condiviso con lui il mio vecchio blog (lifepilgrim.me) di cui ora siamo entrambi co-autori. Anche senza esserci messi d’accordo prima, io mi concentro sulla documentazione del viaggio che stiamo percorrendo insieme, Oscar invece si diverte a trovare qualche spunto per raccontare aneddoti, abilità di cui è senza dubbio un maestro. Nel nostro girovagare parliamo di tutto, o meglio Oscar parla di tutto, ed io spesso mi limito ad ascoltare.

Fa piacere anche a me condividere con Oscar qualche mio episodio di vita vissuta, molti ricordi da professionista, molti altri invece associati agli amici, ai viaggi, alle esperienze di vita all’estero.

Qualche volta mi ascolta assorto, per poi iniziare un altro discorso dicendo: “Ecco, questa storia che mi hai raccontato, mi fa venire in mente quando….”. E immancabilmente qualcosa di questi suoi ricordi troverà la sera spazio tra queste righe.

La gestione del quotidiano di questi due semi-attempati ingegneri on the road, è un’esperienza a volte irritante ma sempre molto arricchente. Io non sopporto che il mio senso dell’orientamento, adiuvato dalle mie app di geoposizionamento e navigazione sul territorio, venga messo in discussione con frasi del tipo: “Ma sei sicuro? Non vedo i segnali….”. Oscar, da parte sua, combatte una lotta accanita con la gestione di WordPress e Facebook dallo smartphone, e non si capacita come sia che questi programmatori usino icone sempre diverse da pochi pixel per azionare i vari comandi anziché adottare il linguaggio esteso, a lui più congeniale. Litiga anche con i televisori di agriturismi dispersi nel nulla, che non memorizzano i canali come quello che ha a casa lui. Non si capacita del  perché la navigazione di programmi e applicazioni complesse dallo smartphone non sia esattamente come fa da casa con un monitor da 32″, una tastiera estesa con keyboard numerico e un mouse. Finiamo per battibeccarci come  Walter Matthau e Jack Lemmon in “Grumpy Old Men“.

Comunque anche oggi la tappa è stata completata senza eccessivi sforzi in poco più di 5 ore. Un paesaggio dolce nel fondovalle transitando senza particolari eccitazioni dall’Umbria al Lazio.

Siamo ora a Leonessa, ospiti di un albergo con 84 stanze di cui solo la nostra è occupata. Dovunque regna una gran desolazione, sottolineata anche dal tentennamento del testone del maitre che ci sorveglia come un falco mentre consumiamo un pasto degno di una pensione Miramonti qualsiasi. “Qui con questo disastro del Covid, non viene più nessuno, i turisti non si fidano e vanno altrove…”. “Ma cosa offre di interessante Leonessa ai turisti?”, chiedo innocentemente. “Ah, niente, qui non c’è niente da fare…” L’uomo non coglie l’ironia della contraddizione nella sua risposta e finalmente si allontana, scuotendo ancora il testone.