Giorno 1, 14 giugno 2020, Norcia

Dopo un sonno del colore e della sostanza del piombo, la giornata si presenta incerta dal punto di vista metereologico con violenti nubifragi previsti in arrivo nel pomeriggio. In realtà avevamo già pianificato di passare la giornata di domenica nei dintorni di Norcia per acclimatarci e prepararci alla camminata di domani verso Cascia. Cogliamo l’occasione della proposta della cugina di Oscar, Daniela e del marito Franco, che gentilmente ci raggiungerebbero da Teramo per fare insieme una gita a Castelluccio per vedere la fioritura dei campi di lenticchie frammiste a papaveri ed altri fiori.

Aspettando che Daniela e Franco arrivino, andiamo a dare il nostro tributo dolente e silenzioso al centro storico devastato dal sisma. Stringe il cuore pensando al dramma di questa popolazione, e di tutte le altre colpite da terremoti simili, che hanno anche dovuto sopportare per di più anche il periodo di lockdown confinati nelle piccole casette provvisorie costruite al di fuori del centro storico. La devastazione è dovunque, con molte case transennate ed inagibili, e quasi tutte le chiese e cattedrali semi crollate con pareti e campanili tenuti insieme da ragnatele di tubi Innocenti. Rimangono in piedi le fortezze di un tempo che erano state costruite per scopi difensivi su basi trapezoidali.

Di fronte alla statua imponente del Santo, rimasta miracolosamente indenne, prego Benedetto di proteggere il nostro cammino e di regalarci ogni tanto qualche raggio di sole.

Saliamo la lunga e tortuosa strada che conduce a Castelluccio ed alla sua celebre piana, incrociando stuoli di ciclisti accaldati e seminudi e motociclisti intabarrati nelle loro tute rigorosamente nere. Per arrivarci a piedi ci sarebbero voluti tre giorni di cammino e superare un passo con un dislivello di 850 metri. L’altopiano si apre maestoso non appena superato il passo ingombro di motociclisti a dire il vero più interessati a farsi un panino con la porchetta che non ad ammirare il panorama.

Una we-fie con la cugina Daniela e Franco ci aiuta a ricordare la bella giornata. Oscar si aggira tra i campi fioriti brandendo il suo selfie stick tecnologico di cui è orgoglioso e che da oggi gli vale il soprannome di Long Stick Oscar (ogni riferimento ad altri tipi di sticks, è puramente casuale…)

Sul versante meridionale della piana sopra una cappelletta votiva, sapienti mani ignote hanno scolpito con la boscaglia il profilo geografico dell’Italia. Di questi tempi fa bene sentirsi accomunati da questo simbolo.

Purtroppo ha ripreso a piovere, e lasciamo il borgo di Castelluccio in lontananza e decidiamo di ritornare verso Norcia ed andare a farci un boccone alla Taverna del Boscaiolo con assaggi di prelibatezze locali (lenticchie, tartufi, salumi e formaggi). Daniela e Franco ripartono per Teramo mentre noi torniamo al nostro Ostello Capisterium per rifare lo zaino per l’ennesima volta lasciando fuori ombrelli e cerate in anticipazione della giornata di domani.

Nulla da riportare per il prosieguo della giornata passato a riepilogare la strada di domani, cercare di trasmettere ad Oscar le mie scarse conoscenze sulla piattaforma WordPress e Viewranger, scaricare le tracce GPS, e prenderci un altro po’ di pioggia per cercare un ristorante aperto di domenica sera. Oscar mi chiede a bruciapelo se sono ancora interessato alla traversata del deserto del Negev a febbraio 2021, ma io tergiverso nella ferma convinzione che ogni progetto nasce e muore in un determinato periodo temporale. Riscaldare le minestre, non sempre e’ un approccio che garantisce risultati soddisfacenti. Qualcosa mi dice che questo sarà un argomento che ci accompagnerà per molti chilometri.

Un’ora e mezza a Spoleto

Un tempo appena sufficiente per una corsa dalla stazione ferroviaria alla magnifica Piazza del Duomo. Siamo circondati dai luoghi, anzi – per meglio dire – dalle scenografie del mitico festival. Negli stretti vicoli, tra i muri di pietra si annidano antiche memorie di concerti, balletti, conferenze. E poi la vita nelle strade e nelle piazze, tra un evento e l’altro quando bar e ristoranti si riempivano e ai tavoli trovavi gli artisti ed il mitico fondatore Menotti. Ricordo che fermammo Dario Fo, aveva appena preso il Nobel, e si intrattenere a lungo a chiacchierare con noi. Un’altra volta eravamo in una trattoria ed entrarono una ventina di cantanti russe dell’opera Guerra e Pace. Chiesi loro se potevano cantarci qualcosa e dopo breve consultazione si lanciarono in un’aria russa. Erano donne di fattezze poderose e dai seni immensi, e le loro voci erano così potenti da far tremare i vetri delle finestre diffondendosi nei vicoli di mezza Spoleto. Alla fine eravamo storditi, come confusi. Uscendo pensai bene di raccogliere gli autografi. Forse sotto l’influenza di un fiasco di rosso, una delle donne scrisse “I love you”.

Un’altra cosa che ricordo volentieri sono i concerti mattutini al teatro Caio Melisso, quando le artiste si presentavano sulla scena con i capelli ancora scarmigliati, le palpebre pesanti della notte, l’abbigliamento sommario, insomma erano irrimediabilmente sexy. Melodie meravigliose quelle suonate al Caio Melisso di prima mattina quando la città era torpidamente impegnata a smaltire le ore piccole dei dopo teatri.

Ma il tempo è avaro e i ricordi svaniscono rapidamente come sono venuti. Corriamo nella città bassa a prendere il bus che ci porta a Norcia.